Paolo Volponi, lo scrittore che, in molti romanzi, meglio di tutti ha descritto la complicata geografia sociale del territorio urbinate intravvede la fine della mezzadria e del suo paesaggio attraverso gli ossessivi pensieri del protagonista Anteo Crocioni de La macchina mondiale tutto teso verso la palingenesi meccanica della società,.
Dopo le elezioni del 1948 quando la schiacciante vittoria della Democrazia Cristiana sembrava dare ai proprietari terrieri l'impressione di una restaurazione del patto mezzadrie nelle campagne così come aveva funzionato per secoli, il protagonista Procioni lancia il suo profetico anatema:
"Io dissi forte che i padroni erano destinati al fallimento perché non avevano l'intelligenza di capire che nelle campagne non dovevano più restare i contadini, ma entrare le macchine, e che non avrebbero più dovuto coltivare malamente ognuno il proprio pezzo, ma fare delle grandi cooperative che potessero usare molte macchine ed impiantare colture diverse e più redditizie.
(…) Io cercai di far capire a Mordi [un grande proprietario terriero. N.d.A.] che le cose come sono non sono immutabili e che il pensiero e lo studio possono modificare il modo stesso di coltivare il grano e di raccoglierlo. E gli dissi per il suo bene che egli doveva darmi retta e rompere i poderi facendo tutta un'azienda. E cercai di fargli capire bene, e per spiegare meglio questo concetto arrivai perfino a dirgli come la sua azienda avrebbe dovuto essere sistemata, con tuta la terra a nord messa a pascolo per l'allevamento del bestiame e le colline a ulivi e a vite ecc. Mordi mi punto il bastone e mi urlò che ero un bolscevico. E Mordi infatti, (…) fallì e fallì dopo aver avuto due volte dal governo sacchi di denaro e fidi da impiegare nell'agricoltura.
(…) Io solo dicevo la verità cercavo di far capire che Mordi era fallito perché tutto il suo sistema, come tutto l'ordine nel quale ancora vivevano Cagli tutti i paesi attorno e le loro campagne, era completamente sbagliato."