L'estensione dell'appoderamento alle soglie dell'età moderna

Nell'età comunale quindi le genti trasformano i luoghi perché promuovono da un lato l'appoderamento di terreni disboscando colline e fondovalli e dall'altro sistemano i nuovi terreni operando dei mutamenti nella loro morfologia che consente la regimentazione delle acque. Le due cose si completano perché i dissodamenti e gli appoderamenti senza un adeguato intervento di riorganizzazione dei suoli non avrebbero portato grandi incrementi nella produzione agricola che continuava ad essere la base dell'economia della società comunale.
L'opera pittorica che più complessivamente registra il cambiamento avvenuto è il Buon Governo di Lorenzetti innanzi tutto perché alla base c'è la securitas che l'istituzione comunale garantisce nei territori circostanti la città, consentendo così uno sviluppo dell'economia agraria.

Lorenzetti: case sparse
Lorenzetti: case sparse

Questo sviluppo però secondo Sereni, riprendendo alcune osservazioni di Antonio Gramsci sulla storia economica medievale, rimane ancora individuale, corporativo e non riuscirà a diventare collettivo.

"Neanche il Buon Governo riuscirà a far rispettare un'elementare norma di disciplina urbanistica, che pure è percettivamente inclusa in ogni statuto comunale: noncurante di questa disciplina, il bravo cittadino che, nel primo piano del dipinto, sale verso la porta della città, si appresta tranquillamente a lasciar scorazzare per le vie della città stessa, in cerca di nutrimento tra le immondizie, il maiale che egli spinge dinnanzi a sé" .

Nella parte dell'affresco dedicata al contado emergono gli elementi del paesaggio mezzadrile facilmente trasferibili dal territorio senese a quello delle colline del Montefeltro. Ci sono i campi informi dei seminativi nudi, appena delimitati da una via vicinale o da una roggia, aperti, ovvero solo chiusi da una bassa siepe di pruni. La caccia da un lato e il pascolo dall'altro rappresentano la minaccia ancora ben presente alla proprietà del territorio e più in generale la presenza degli usi comuni.
Ma il dato più significativo è rappresentato dai primi insediamenti a case sparse che il dipinto di Lorenzetti registra con grande precisione.

"(...) una grossa fattoria segna la presenza dei coloni sul luogo stesso del loro lavoro; ed anche ai piedi della collina prospiciente alla città, proprio sulla svolta della strada, una casa isolata ci documenta il mutamento delle condizioni di sicurezza pubblica" .


A partire dal XV secolo la progressiva occupazione dei luoghi agrari da parte delle genti rurali comporta anche fenomeni di degrado che immediatamente vengono registrati sia dall'iconografia sia dalla letteratura. Come scrivono gli agronomi la sistemazione prevalente dei terreni è quella a rittochino dove solchi e filari seguono le linee del massimo pendio e quindi favoriscono la degradazione e l'erosione dei terreni ad opera delle acque dilavanti.
Da un lato il geografo Leandro Alberti nel volume, Descrittione di tutta Italia..., pubblicato a Bologna nel 1550, riferendosi in generale all'Italia sottolinea come con l'incremento demografico in assenza di terreni in pianura ci si sposti in collina facendo spesso dei danni, nel Montefeltro era inevitabile occupare terreni collinosi perché le zone pianeggianti erano limitatissime.
Succede quindi che la regimentazione delle acque,- naturalmente organizzata in passato quando l'acqua scendeva con minor impeto e minor abbondanza fra selve e prati-, nel XVI secolo non era più in grado di far fronte agli eventi climatici. In seguito ad un eccessivo allargamento degli appoderamenti senza un'adeguata sistemazione dei terreni, l'acqua piovana, non venendo trattenuta dalle piante, "scendeva incontinente" e si trascinava dietro la terra smossa che si perdeva nei torrenti, nei canali e nei fiumi.
Al geografo faceva eco il poeta Alamanni che nel poema, Coltivazione, metteva in guardia il contadino dal non turbare troppo la regimentazione dei corsi d'acqua, ruscelli, torrenti, fiumi..., per evitare che in occasione delle piogge venisse meno ogni freno al loro corso e che i campi fossero depredati dall'improvvisa furia delle acque piovane .
Quindi siamo portati ad ipotizzare, sulla scorta anche della precisa iconografia seicentesca, la coesistenza nel paesaggio collinare e montano di terreni sistemati a regola d'arte con terreni dove in seguito ai dissodamenti, sia per la loro morfologia che per la poco oculata gestione, verifichiamo la presenza di una degradazione. Va infine anche considerato il fatto che già nell'età del Rinascimento si registra una crisi politica ed economica negli stati regione italiani che risospinge popolazioni dalle città alle campagne.

"Questi decenni del sec. XVI sono d'altronde, in molte parti d'Italia, quelli di un già largo riflusso di uomini e di capitali dalla città, ove vengono decadendo attività manifatturiere e mercantili prima fiorenti, verso le campagne.
(...) Certo è che, già alla fine del sec. XVI, il paesaggio agrario della collina - ma soprattutto, ciò che costituisce la maggior novità, quello della montagna - viene assumendo un'estensione ed un rilievo ch'esso non aveva mai raggiunto nelle età precedenti, quando in ben maggiore misura le terre di montagna erano quasi esclusivamente riservate al pascolo ed al bosco.
(...) Qui prevale, a quanto pare, un regime di campi aperti, con solo alcuni accenni a chiusure non precarie: si tratta evidentemente di un paesaggio agrario più recente, che comincia tuttavia ad elaborare ed a precisare le sue forme, a differenziarle da quelle del paesaggio naturale, non solo con i segni della lavorazione a rittochino sui seminativi nudi, ma anche con gli allineamenti trasversali di qualche piantagione" .

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