Biroccio

La presente scheda è tratta dal volume: Giovanni Lucerna, Valeria M. Miniati, Giorgio Pedrocco, -Uomini e campagne tra il Montefeltro e il mare-, Metauro Edizioni, Fossombrone, 2004. All’interno del volume fotografie di Paul Scheuermeier (AIS) e Ugo Pellis (ALI).
L’immagine del biroccio è stata realizzata da Gerardo Prosperi con aggiunte di Emanuele Dini.


Il Biroccio, bróż (S. Agata Feltria), era il più importante mezzo di trasporto a disposizione dei contadini. Veniva usato per spostare i prodotti e i materiali da luogo a luogo durante le feste più importanti dell’anno solare e nelle occasioni solenni riguardanti la vita delle famiglie che, non a caso, facevano a gara per esibire il biroccio più bello.
Il biroccio (nota 1- Basili Anna - Guerra Deanna, Birocci e birocciai a Fossombrone e Sant’Ippolito, in Campagna e città tra Montefeltro e Cesano, (a cura di Giorgio Pedrocco), n. 4, Iders, Pesaro, 1983, pp.45-84.-) era composto: (1) da un timone (nota 2 - La bure del biroccio era molto incurvata in corrispondenza della parte che veniva attaccata al giogo e, sempre in quella parte, aveva una serie di fori per l’inserimento della caviglia e della controcaviglia di sicurezza. La curvatura aveva la funzione di mantenere in posizione orizzontale il piano di carico del biroccio in relazione all’altezza dei buoi e alla qualità e alla quantità del carico.-), timon (Fossombrone), dalla bura (Urbania), che ospitava la (2) cassettina, castina (Fossombrone), e il (3) coperchio della cassettina e terminava, in corrispondenza del pianale di carico, con una forcella che serviva da struttura portante; alla forcella erano fissati: (4) la banchetta, la bankìna (Urbania), una traversa di rinforzo, (14) l’assale (nota 3- L’assale era un robusto asse di ferro quadrato che terminava ai due estremi con due perni di forma conica nei quali si innestavano i mozzi delle ruote che a loro volta venivano fermati tramite i sciróli. Quando il carro era costruito bene lo si sentiva dal tipico suono che emetteva muovendosi, in pratica la ruota, oscillando tra la parte più alta del cono dell’assale e èl sciról, produceva un suono tipico, skjokkléva, ancora ricordato dalle persone più anziane.-), la sèla (Fossombrone), e il (13) soprassale, soprasèla (Fossombrone).
Alle estremità dell’assale erano innestate le due ruote [ composte da (21) cerchione, cerchion (Fossombrone); (22) gavello, gavl (Fossombrone); (23) ceppo o mozzo, cèpp (Fossombrone); (24) raggi, ragg (Fossombrone)], le rót (Urbania), a razze, con il cerkjón de fér e el cép dla róta e le bokkét (rondelle di ferro ingrassate a protezione del cép - Urbania), tenute nell’assale, dal sciról (Urbania), un perno di ferro di tenuta.
Sopra il piano di carico (11), èl lèt del biròć (Urbania), erano assicurate solidamente le due (10) sponde fisse, (solidali allo (6) scalone, scalon- nota 4- I quattro montanti superiori delle sponde fisse, lo scalone, si allungavano anteriormente per sostenere le tavole o i pali che vi si mettevano sopra trasversalmente quando era necessario allargare il piano di carico per il trasporto di merci voluminose.), tenute ortogonali rispetto al primo da quattro spallette decorate (7) colondèi, i kolonèj (Urbania), a volte con (8) ricci, ricc o bracialétt (Fossombrone).
In una delle due sponde era fissata una piastrina di lamiera, la tikètta (Urbania), nella quale erano riportati tutti i dati distintivi e fiscali del biroccio. Completavano il vano di carico (5) (12) le due tavole mobili, le spónd (Urbania), e (9) la traversa, la stàggia a travèrs, o stàgia dle spònd (Urbania).
Le altre parti del biroccio erano costituite: (20) dalla caviglia, la kavéja (Urbania), che bloccava il timone al giogo; (25) dal freno, la martinìkkja (Urbania), composto dalla (16) stanga, la stàggia del frén (Urbania), dai due (15) zoccoli, zocch (Fossombrone), o le sòkkl° (Urbania), (26) dalla catena della martinicchia e (27) dalla corda, che era tenuta nel retro del biroccio per essere tirata all’occorrenza; il fusello, èl fuSèl (Urbania), una sorta di carrucola che assicurava i carichi al biroccio composta da: (17) verricello o subbio, vogle (Fossombrone), (18) raganella, (19) cane.
Tutte queste componenti del biroccio erano costruite con legni resistenti come l’olmo, la quercia il noce. L’assale era di ferro e sempre con il ferro si rinforzavano anche le parti maggiormente soggette all’usura. Il biroccio veniva realizzato nelle officine dei fabbri, facocchi, che s’occupavano prevalentemente dei lavori di costruzione e manutenzione degli strumenti e delle macchine utilizzate in agricoltura.
La costruzione del biroccio richiedeva molta perizia e soprattutto una profonda conoscenza dei materiali (nota 5- Cfr., Luchetti Glauco, Il biroccio marchigiano, Firenze, Giulio Giannini & figlio, 1967.-). La sua struttura, in apparenza semplice, esigeva una grande esperienza per essere realizzata. Durante la sua costruzione gli artigiani prestavano molta attenzione sia al suo bilanciamento (nota 6- Ivi, p. 45.-) perché da questo dipendeva la capacità di carico del mezzo, sia all’uso di materiali specifici, scelti secondo la tradizione.
Quando era necessario effettuare dei carichi maggiori (nota 7- Un biroccio poteva caricare circa 15 quintali, che raddoppiavano quando venivano applicate i ruotini aggiuntivi.-) venivano aggiunte al biroccio una coppia di ruote, i rotìni (Urbania), el stèrs (Fano) (nota 8- Cfr., foto Acqualagna, n. 1656.-), complete di assale, bure e un rialzo di legno, el cép del kàrr (Urbania) (nota 8- Il rialzo serviva a fissare il biroccio nel suo punto di massimo bilanciamento, per distribuire in modo equilibrato il peso del carico.-), diviso orizzontalmente in due parti, forato al centro e chiuso da tre kavèj, che tenevano ferma la bure del biroccio per aumentare il pianale di carico. Quest’ultimo veniva allargato appoggiandovi delle tavole di collegamento al pianale, i tavlóni (Urbania).
Aumentando il carico, era anche necessario aggiungere un’altra coppia di buoi in aiuto alla prima e, a volte, in situazioni viarie particolarmente difficili, il contadino era uso chiedere la stròppa (Urbania) cioè un aiuto al traino del biroccio, dietro compenso, con altre coppie di buoi.

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