Bigoncio

La presente scheda è tratta dal volume: Giovanni Lucerna, Valeria M. Miniati, Giorgio Pedrocco, -Uomini e campagne tra il Montefeltro e il mare-, Metauro Edizioni, Fossombrone, 2004. All’interno del volume fotografie di Paul Scheuermeier (AIS) e Ugo Pellis (ALI).

Il bigoncio dell'immagine è conservato presso il Museo di Storia dell'Agricoltura e dell'Artigianato di Urbania.


Il bigoncio, bigónć (Urbania), è un recipiente di forma troncoconica rovesciata, di sezione ovoidale realizzato con doghe di legno di gelso con quattro cerchi di salice bianco per serrare le doghe e il fondo. La sua forma un tempo era più schiacciata per poterlo caricare in maggior quantità sui carri.
E’ un prodotto dell’artigianato rurale realizzato sia dai bottai sia dagli stessi contadini. Si costruiva utilizzando l'ascia del bottaio e la pialla per la botte, e apposite sagome per doghe che permettevano la lavorazione curvilinea del legno. La tenuta del manufatto era assicurata da cerchi di salice bianco lavorati nel banco per cerchi con un coltello (Nota 1- Gli artigiani erano talmente abituati ad eseguire questa lavorazione che realizzavano i cerchi a memoria, senza prendere le misure. Questo particolare è raccontato da Franco Falconi, di Urbania -intervista del 09/02/04-, che ricorda il suo stupore di bambino di fronte a tanta maestria.). Il legno si tagliava quando ancora era verde sia per lavorarlo più facilmente sia per sfruttare meglio il conseguente restringimento dovuto alla sua stagionatura. Le tavole venivano lavorate e sagomate in modo da ottenere doghe delle dimensioni volute tramite una forma chiamata "gattèl". Successivamente le doghe venivano assemblate intorno ad una forma di ferro e si completava l’opera inserendo il fondo e serrando il tutto con i cerchi di legno.
Il bigoncio era utilizzato soprattutto durante la vendemmia per trasportare l’uva dal campo alla cantina. Era anche utilizzato nei travasi del vino e del mosto, ma per questa funzione il contenitore specifico era la bigoncètta (molto più piccola e maneggevole del bigoncio). Prima di usarli per la vendemmia, i contadini li bagnavano e ne serravano i cerchi, per restituire loro la tenuta. Si riempiva d’uva, di vino o di acqua, e quando era di dimensioni più grosse, tra i novanta e i cento chili si spostava con la barella (Nota 2- Lo strumento è esposto nel Museo di storia dell’agricoltura e dell’artigianato di Urbania nell’ambito del ciclo della viticoltura e della vinificazione; v. anche, Cantiano, foto n. 537.).

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